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Il trauma e le ferite psichiche: la funzione della relazione terapeutica

La parola “trauma” deriva dal greco τραῦμα, che significa <<ferita>>, <<forare la pelle, rompere l'involucro corporeo>>.  Nella medicina organica indica una lesione dei tessuti. Già nel 1920, Freud utilizzava il termine in senso metaforico per mettere in rilievo il fatto che anche la mente può essere trafitta e ferita dagli eventi.

In questo senso il trauma è un attacco al pensiero che raffredda e blocca le emozioni, ponendo l’individuo davanti a un sentimento di totale impotenza.
Di conseguenza il modo consolidato di vivere la propria esistenza va in frantumi, crollano le credenze e le strutture mentali precostituite che rispecchiavano un’“organizzazione difensiva” stabile.
Le perdite di qualunque tipo implicano un lutto e il cambiamento ne rappresenta il primo segno tangibile. Il trauma quindi da una parte può danneggiare l’equilibrio psichico, dall’altra richiede il lavoro mentale di affrontare, gestire, contenere e negoziare l'angoscia traumatica.

Tra i traumi più diffusi, che possono essere vissuti in maniera diretta o indiretta, troviamo:

  • aggressioni fisiche, verbali, sessuali;
  • catastrofi naturali (terremoti, alluvioni, etc.) o indotte dall’uomo (conflitti, guerre, crolli di strutture, edifici, etc.);
  • incidenti stradali, gravi infortuni, etc.;
  • lutti, separazioni, abbandoni, etc.;
  • violenza domestica, abusi, violenze psicologiche perpetrate nel tempo.

Quali sono le caratteristiche del trauma?

  • Imprevedibilità
  • Incontrollabilità
  • Indecifrabilità
Queste tre caratteristiche non permettono all’individuo di decodificare all’inizio quello che avviene; ci si sente sommersi senza potersi difendere.
La combinazione di diversi fattori come la natura stessa dell'evento, il momento biologico del ciclo vitale dell'individuo, le peculiarità difensive, la presenza o l'assenza di fattori ambientali e relazionali di sostegno, sono determinanti nei soggetti esposti al trauma, con possibili conseguenze psicologiche acute o croniche.

Il tempo dell’attesa: emozioni e memorie traumatiche

Il tempo del trauma si ripete e si presenta sempre uguale a se stesso. Si tratta di un tempo che nella ripetizione vede il ritorno di un frammento di realtà che non è stato elaborato simbolicamente. Il soggetto traumatizzato è rimasto ingabbiato nella memoria del passato, di ciò che era, di ciò che conosceva. Non vive più una sequenza di istanti, ma il recupero di un tempo inesistente che cerca a tutti i costi di rivivere.
Il trauma è perciò un'esperienza emozionale che può sconvolgere il rapporto con il tempo, con lo spazio e con la realtà.
I ricordi traumatici possono riaffiorare alla coscienza sotto forma di flashback o incubi, possono irrompere in modo intenso, d'improvviso, esprimendosi sotto forma di paura e attacchi d'ansia, scoppi d'ira immotivati.
I contenuti traumatici continuano ad esercitare una notevole influenza nella vita dell'individuo, che metterà in atto forme di evitamento difensivo nei confronti delle potenziali esperienze traumatiche e manterrà un atteggiamento controllante.
Il trauma apre, dunque, una ferita che ha profondi effetti sulla mente, sul corpo e sui rapporti interpersonali.

La funzione della relazione terapeutica

L’ascolto di un paziente traumatizzato è spesso molto angosciante. Ascoltare senza essere travolti dall’intensità dell'esperienza dei pazienti traumatizzati è estremamente difficoltoso.
La formazione teorica, la supervisione e l’analisi personale offrono allo psicoterapeuta la “possibilità di prendere coscienza di tale influsso” (Gilliéron, 1994).
In questo modo si può offrire aiuto e non essere sopraffatti da noi stessi, essendo abbastanza aperti all'esperienza del sopravvissuto considerando realmente il suo stato, ma abbastanza saldi da non esserne sbilanciati. Tutti i veri processi di cura generano nell’incontro e attraverso la relazione.

Il ruolo del terapeuta dovrebbe essere quello di aiutare il paziente a recuperare le funzioni perse, cercando di creare un nuovo equilibrio sintonizzato con i bisogni reali, adattandosi ai cambiamenti socio-culturali, ai sintomi somatici, ai traumatismi.
Non si tratta di concentrarsi esclusivamente sull'evento traumatico ma di considerare il progressivo dispiegarsi del rapporto tra paziente e terapeuta. Si giunge così al contenimento: un processo faticoso perché implica una rielaborazione dell'esperienza traumatica con tutto il suo impatto emotivo e tutto il senso di colpa, la paura e l'odio scatenati dall'evento originario, con qualcuno in grado di offrire un supporto che evochi ciò che la madre inconsciamente offriva al suo bambino quando veniva invaso dall'angoscia.
La frustrazione delle parole che non vengono pronunciate, la difficoltà di sostare nei lunghissimi silenzi per poterne coglierne il denso significato, poter recuperare la capacità di stare in una posizione di attesa, tra pazienza e sicurezza, sono gli elementi cruciali delle sedute con molti pazienti traumatizzati.

La capacità della persona di superare efficacemente il trauma dipende dal livello di maturazione raggiunto dalla sua personalità e dalla capacità di far fronte ai cambiamenti e ai conflitti che si trova a sperimentare, dalla capacità di elaborarli integrandoli nel proprio psichismo attraverso i sogni e la comunicazione.

 

Rita Fiorentino

 

*Note sull'autrice:
Rita Fiorentino, Psicologa Clinica, Psicoterapeuta Psicodinamica ad Orientamento Psicoanalitico, Mediatrice Familiare, Responsabile del Coordinamento Operativo di Psy+ Onlus. Dal 2013 collabora come psicologa nell’Area Scuola e fa parte dell’équipe di psicoterapeuti del Centro di Consulenza Psicologico Clinica. Ha maturato esperienza in qualità di psicologa e coordinatrice di progetti di intercultura, psicologia scolastica e psicologia dell’emergenza. Attualmente lavora all’interno del progetto “Pe.R.Co.rrere” rivolto alle popolazioni colpite dal sisma del Centro Italia ed esercita attività di psicoterapia con bambini, adolescenti, adulti, coppie e famiglie.

 

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